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Il pellegrino disordinato

Sep 16, 2023Sep 16, 2023

Di tanto in tanto, in questo spazio rileggo un classico dell'Alabama per provare ancora una volta quel piacere. Raccogliendo "The Untidy Pilgrim", ormai a 70 anni dalla sua pubblicazione originale, per una rilettura, sono stato dispiaciuto nel rendermi conto che in realtà non l'avevo mai letto prima. Pensavo solo di averlo fatto, probabilmente perché le prime righe sono conosciute tra gli alabamiani tanto quanto l'introduzione a "A Tale of Two Cities". "Giù a Mobile sono tutti pazzi, perché la costa del Golfo è il regno delle scimmie, la terra dei clown, dei fantasmi e dei musicisti, e Mobile è il capoluogo della contea della dolce follia." Ora l'ho letto ed è delizioso.

Eugene Walter di Mobile, dopo aver prestato servizio nella Seconda Guerra Mondiale nelle Isole Aleutine e un periodo a New York City, si trasferì a Parigi. Come ha spiegato, prima di partire, si è rivolto nei primi capitoli al Comitato Lippincott ed era in Francia quando ha saputo di aver vinto. Questi fatti li conoscevamo. Non sapevo, tuttavia, che il comitato del premio fosse composto da Jacques Barzun, Diana Trilling e Bernard DeVoto, tre dei più illustri critici della letteratura americana di sempre. Sospetto che fossero stanchi di quello che Walter chiamerebbe "il romanzo del Sud cupo e funesto", il romanzo di Erskine Caldwell o, nella migliore delle ipotesi, di William Faulkner, pieno di povertà, rachitismo e disperazione.

“The Untidy Pilgrim” non è niente di tutto questo. Probabilmente intorno al 1950, un giovane del nord dello stato, Persepolis, certamente Demopolis, si trasferisce a Mobile per iniziare la sua vita. Non impariamo mai il suo nome. Va a letto con una vecchia signora e nel corso delle cose interagisce con un certo numero di altre vecchie signore, ognuna eccentrica a modo suo. Il nostro eroe lavora in una banca e intende leggere legge la sera, ma Mobile è un posto troppo eccitante per questo. Ci sono picnic nei parchi e birrerie sul lungomare. Dopo un sabato notte il nostro eroe si sveglia con i "denti tutti addosso maglioni di cashmere".

Il cugino del nostro narratore, il bellissimo, non solo bello, ma bellissimo Perrin arriva in città ed è così sarcastico e irritante che alla fine il nostro eroe normalmente pacifico gli dà un pugno in faccia e gli rompe il naso e siamo contenti. Il nostro eroe ha una storia d'amore e la donna, Philine, bellissima, con i capelli nerissimi, è irresistibile e inaffidabile. Molte scene sono ambientate a Bayou Claire, Bayou La Batre, nella tenuta di zio Acis, un altro meraviglioso eccentrico: il romanzo ne è pieno.

Eugene Walter diceva di aver combattuto la quotidianità, la noia del quotidiano. "Alcuni giorni do datteri agli scoiattoli per vedere la loro reazione", diceva. Sì, lo ha fatto, ma, cosa ancora più importante, ha praticato il piacere quotidiano, insegnandoci a prestare attenzione. La quotidianità, se vista bene, è straordinaria, piena di meraviglie, di gioia, di bellezza. Eugene si lamentava del fatto che il suo nome veniva pronunciato erroneamente come Walters, al plurale, e insisteva "Sono al singolare". Sì, certamente lo era.